domenica 29 maggio 2011

S. Giuseppe Marello.


"Dì al Signore: io sono tutto vostro e non desidero se non che in me si adempia la vostra santa volontà: anche a costo di sacrifici, anche privo di consolazioni, anche ricolmo di afflizioni, sono pronto a tutto, Signore: fate di me quello che volete".

San Giuseppe Marello


La vita e i luoghi che l’hanno visto testimoniare il Vangelo
Il Marello nasce a Torino il 26 dicembre 1844 da Víncenzo, oriundo di S. Martino Alfieri, e da Anna Maria Viale, una santa madre. Viene battezzato nello stesso giorno nella chiesa del Corpus Domini e gli è posto il nome di quel santo che sarà il modello e l’ispiratore della sua vita: S. Giuseppe. Ha un fratello, Vittorio, che poi diverrà attivo e stimato Sindaco di S. Martino Alfieri. Nel 1848 rimane orfano di madre: il suo cuore sensibilissimo ne resta profondamente turbato. È la prima dura conoscenza del dolore, che avrà poi grande parte nella sua vita.
Nel 1852 con il fratello ritorna a S. Martíno Alfieri presso la nonna, e lì passerà l’infanzia e la prima adolescenza. Riceverà la Prima Comunione dallo zelante parroco Mons. G. B. Torchio e poi il 15 agosto 1855 il sacramento della Cresima dal Vescovo di Asti Mons. Filippo Artico. Come gita-premio il papà lo porta al Santuario della “Misericordia” di Savona: si affida alla Madonna e la invoca come “Mamma”. Dopo oltre quarant’anni ai piedi della stessa Vergine, Madre della Misericordia, celebrerà la sua ultima Messa. A dodici anni entra nel Seminario di Asti, rispondendo alla segreta chiamata del Signore. Si distingue nello studio e nella disciplina. Nella primavera del 1859 scoppia la guerra tra il Piemonte e l’Austria. I seminari vengono chiusi e trasformati in caserme e ospedali. Ritorna a Torino presso il papà e si iscrive ad un corso di studi commerciali. Si appassiona alle lotte e ai vari movimenti sociali. Ma quando Dio chiama, i cuori generosi e retti lo ascoltano. E il giovane Marello era attento e generoso. Uscirà da questa esperienza: un amico di famiglia, l’ing. Bechis, un giorno gli dirà: “Lei non è fatto per il mondo, ma per essere sacerdote”.
A 19 anni una gravissima malattia lo colpisce ed accelera il disegno di Dio. Nella fase più acuta del male confida al padre: “Se guarisco ritorno in Seminario”. Il giorno seguente cessò totalmente la febbre. Nel febbraio del 1864 era di nuovo in seminario ad Asti,deciso a ricuperare il tempo perduto. Nel dicembre del 1867 riceveva tonsura e Ordini minori; nel 1868 gli vengono conferiti il Suddiaconato ed il Diaconato. Il 10 Settembre 1868 è ordinato sacerdote da1 Vescovo di Asti Mons. Carlo Savio, che tanto influsso avrà sulla sua vita: lo vorrà suo segretario particolare, lo porterà con se per il Concilio Vaticano I, lo nominerà poi Cancelliere in Curia e Canonico del Capitolo della Cattedrale e lo sceglierà come suo confessore.
La vita del giovane sacerdote Marello sarà tutta un servizio totale e fedele a Dio, alla Chiesa, alla Diocesi, alle anime, senza mai risparmiarsi in nulla.
Nel 1880 viene chiamato come Direttore Spirituale in Seminario e gli è affidata la cura e la guida del Ritiro Femminile Migliavacca, che terrà fino alla sua partenza per Acqui. Farà scuola di Catechismo ad Asti e presterà la sua opera di servizio e di aiuto ai parroci in diocesi. Il Vescovo Mons. Ronco lo inquadrerà con la felice espressione: “Gemma Sacerdotale della Chiesa Astigiana”. Quando per la seconda volta manifesta il desiderio di ritirarsi a vita monastica, il Vescovo lo dissuade e gli dice: “Dio vuole altro da Lei”. Il 14 marzo 1878, nella Cappella dell’Orfanotrofio Michelerio in Asti, con alcuni giovani dà inizio e getta le fondamenta della nuova Famiglia Religiosa degli “Oblati di San Giuseppe”. Il 19 marzo 1879 alla vestizione religiosa dei suoi Figli Giuseppini consegnava il motto-programma: “Siate certosini in casa e apostoli fuori casa”, con l’impegno di amare il lavoro, zelare l’onore di Dio, procurare la salvezza delle anime, portare il Vangelo a tutti, senza soste, nella carità del Cristo sotto la direzione di S. Giuseppe. Sembra abbia raggiunto la vetta del suo zelo apostolico e lo scopo della sua vita. Ma Dio vuole ancora altro da Lui. Il 28 novembre 1888 giunge da Roma una comunicazione personale con la quale il Papa Leone XIII lo propone Vescovo di Acqui. Nel Concistoro dell’11 febbraio del 1889 lo stesso Sommo Pontefice ne dà notizia ufficiale; la Bolla di nomina porta la data del 16 febbraio. Riceve la Consacrazione Episcopale in Roma nella Chiesa della Immacolata Concezione dei Padri Cappuccini dal 23 Card. Raffaele Monaco La Valletta. Nello stesso giorno il neo-consacrato fa pervenire al clero e al popolo della Diocesi la prima Lettera Pastorale con la quale si presentava “ Missionario della pace”. La domenica 16.giugno 1889 fa il suo solenne ingresso in Diocesi, partendo da Asti in treno via Alessandria. Da Cantalupo a Strevi fino ad Acqui, ad ogni stazione lungo tutto il percorso è salutato in un crescente devoto entusiasmo. Acqui lo accoglie trionfalmente. In Cattedrale rivolge il saluto a nome del Capitolo, della cittadinanza e della diocesi il santo Canonico Teologo Federico Piola: “Ave Pastor,Ave desideratissime Praesul! Ave, Pater dilectissime! Nos filii Tui sumus!“ L’oratore coglie l’aspetto più umano del nuovo Vescovo: “La carità”. Rispondendo commosso il Vescovo Marello esclama: “Ciò che ho visto, ciò che ho udito, ciò che ovunque mi circonda, tutto suscita in me fortemente un moto di viva gratitudine”. Giustamente Papa Leone XIII dirà ad un gruppo di Acquesi, in udienza: “Acqui, Acqui, dite che ad Acqui ho mandato una perla di Vescovo”. E’ rimasto pochi anni ma ha lasciato un’impronta indelebile: dove passano i santi tutto fiorisce. Lascia la terra per il cielo a Savona, ove si era recato a predicare, i1 30 maggio 1895 alle ore 18. Compiecinquant’anni, cinque mesi e cinque giorni. Il sacrificio è consumato: una nuova luce si accende ad illuminare la Chiesa, che fu di S. Maggiorino e di S. Guido, a confortare dall’alto l’umanità, perché i santi sono di tutti e sono per tutti. E’ detto allora di Lui: “Fu un martire di carità”. La venerata salma resta esposta nel Salone dell’Episcopio di Acqui dal 31 maggio al 4 giugno, giorno dei solenni funerali. La voce e la convinzione di tutti: “E’ morto il Vescovo santo!”. I1 28 giugno 1923 la Salma del Marello viene traslata ad Asti, accogliendo una forte petizione degli Oblati di S. Giuseppe, suoi figli carissimi e tanto amati. Il 26 settembre 1993, nella città di Asti, il Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato e, domenica 25 novembre 2001, a Roma, lo ha presentato al mondo come santo!



La canonizzazione, eccezionalmente vicina alla beatificazione, è legata al riconoscimento ufficiale della commissione medica e scientifica della Congregazione vaticana dei Santi, tra le numerose grazie attribuite alla sua intercessione, del miracolo avvenuto nel 1998 a Ranquish, in Perù.



Il 15 maggio 1998 due bambini peruviani di 11 e 10 anni, Alfredo Chavez Leon e la sorella Isila (che saranno presenti alla cerimonia di canonizzazione domenica 25 novembre, festa di Cristo Re, in Piazza S. Pietro a Roma), denutriti a causa della povertà, si ammalarono di broncopolmonite acuta.



I genitori e l’intera comunità parrocchiale si raccolsero in preghiera nella piccola chiesa sulle Ande a 3500 metri di altitudine, chiesetta dedicata al Beato Vescovo di Acqui, negli stessi giorni in cui giungeva una statua del Marello da esporre alla devozione e alla preghiera dei fedeli; la comunità intera implorò la grazia della salute per i due fratellini, chiedendo l’intercessione del Beato Giuseppe Marello e, all’improvviso, alle 14 del 17 maggio, i due bambini guarirono definitivamente, tanto da poter essi stessi partecipare alla celebrazione nella chiesa il giorno stesso.
2. Tratti della personalità e della spiritualità
Non si nasce santi ma lo si diventa coi carismi che Dio ha elargito. Nel Marello si evidenziano vari spetti spirituali e pastorali. In piena attività apostolica sente forte il desiderio di farsi “Religioso Trappista”. La vita contemplativa lo affascina ma si butta nell’impegno pastorale intensissimo. E’ paziente ed energico allo stesso tempo, semplice ed eroico. Amante del silenzio, è ricercato da tutti e non dice mai di no.
E’ grande missionario senza una missione e padre di tanti missionari nel mondo. Fondatore di una Congregazione Religiosa che ama e guida sapientemente, è Vescovo in un’altra Diocesi difficile, che assorbe tutte le sue energie.
E’ uomo di intensa preghiera e assorbito da un lavoro apostolico e da problemi complicati. E’ tutto di Dio e per Dio e tutto per le anime. Uomo studioso e di cultura varia, dà sempre la priorità allo spirituale e pratica la teologia delle piccole cose.
Si può parlare senz’altro di una “Spiritualità Marelliana”, che è ascetica e pastorale. In Lui sempre primeggia la preghiera, l’unione con Dio, la presenza di Dio. La sua spiritualità prende tutta la vita e tutto ciò che c’é nella vita. La fede è in Lui sorgiva della spiritualità apostolica. La pietà ne è il centro. Le sue devozioni, come forze trainanti, sono per la Madonna, San Giuseppe, e, da Vescovo, San Guido. E’ fedelissimo alla Chiesa e obbedientissimo al Papa. Uomo di pace, porta l’unione e la fraternità nel clero e fra la gente. Il Motto-Programma che consegna ai Suoi Figli, “Certosini e Apostoli”, lo pratica e lo vive intensamente. Amante del silenzio e del nascondimento, pur nella sua umiltà, il Marello esercita un fascino molto forte. Vederlo, ascoltarlo, obbedirgli, collaborare con lui era un grande piacere ed un arricchimento. Il Marello, Fondatore e Vescovo, resta un maestro ed un Educatore preziosissimo. Si può parlare di una “Pedagogia Marelliana”, la cui preoccupazione è quella di formare dei buoni cristiani e degli onesti cittadini. L’ampio Epistolario del Marello e le Sue meditate Lettere Pastorali, specie quella del 1892 sulla “Educazione della Gioventù”, presentano un susseguirsi di principi, di orientamenti, di norme pratiche come in un vero Trattato di sana Pedagogia.
3. Attualità del suo carisma
Padre, Maestro, Educatore, Guida, Catechista sono le chiare dimensioni del vivere e dell’operare del Marello. Per Lui, sempre, tema ed impegno costante e di fondo nelle varie attività - Apostolato, Predicazione, Liturgia, Pedagogia, Sociologia, Catechesi – resta “Predicare e Annunziare Cristo Morto e Risorto: far conoscere e amare Gesù e far sentire la Chiesa come madre e maestra della società e della Chiesa: cogliere i segni del tempo ed indicare con chiarezza e coraggio le linee da seguire, gli ideali cui ispirarsi.
Scriverà: “Solamente questa dottrina religiosa, divinamente rivelata, potrà stabilire le basi della vera e giusta libertà, della vera e giusta uguaglianza”.
Don Bosco inventò l’Oratorio; il Marello voleva ed indicava la Famiglia e la Parrocchia come scuola di formazione aperta ed accogliente.
Fu il Marello un “testimone acuto del suo tempo nella società e nella Chiesa”, ma col suo insegnamento, con gli ideali indicati, con la sua santità, con le sue opere resta “Testimone di tutti i tempi”.
Le sue parole si realizzano: si dice “Gloria patris est vita filiorum”, e proprio i suoi Figli, i Padri Giuseppini di Asti, sparsi in tutto il mondo, nello spirito del Fondatore e come da Lui guidati diffondono ovunque il suo insegnamento ed il suo carisma.
Cosi la storia della Chiesa Acquese, che fu sua, si illumina nella santità dei suoi Vescovi, S. Maggiorino, S. Guido, il Beato Enrico Scarampi, ed ora S. Giuseppe Marello. Cosi l’elenco dei grandi Santi piemontesi ai nomi di San Giovanni Bosco, San Leonardo Murialdo, San Giuseppe Cottolengo, San Giuseppe Cafasso, Beato Faà di Bruno, dal 25 novembre 2001 unisce l’armonioso nome di San Giuseppe Marello,Vescovo di Acqui e Fondatore degli Oblati di San Giuseppe.

sabato 28 maggio 2011

Stranieri

Ci si può sentire stranieri anche in casa propria, anche dove la lingua parlata è la stessa, le abitudini e le strade si incrociano tutti i giorni. Ci si può sentire stranieri anche davanti a occhi familiari che da sempre ci vedono e sanno a memoria i nostri volti.
Forse proprio per questo.
Nessuno vede oltre ciò che è abituato a vedere, nessuno si prende la briga di sostare, di ascoltare le parole e oltre le parole. Tutti intorno vengono e prendono da noi ciò che sono abituati a portare via e non si accorgono se soffriamo nel corpo e nello spirito,anzi a volte si meravigliano se diciamo un sì o un no inaspettato. Sconosciuti ai familiari, lettera illeggibile per coloro che pure conoscono il nostro alfabeto… e ci liquidano con un: “lo conosco già”.
Il Signore ci doni uno sguardo giovane, per vederci  ogni giorno come per la prima volta, Come chi ama.